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DONNE

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Pensare che la donna sia subordinata all'uomo è tipico di quegli uomini che tentano di indebolire gli altri per sfamare la propria bramosia di insana virilità. 

I LIVIDI SEGNANO MA NON FERMANO

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Gli incivili sono gli altri. In questa frase sono racchiuse una serie di comode convinzioni che ormai ci appartengono da tempo. Siamo così bravi con le parole che perdiamo di vista i fatti e ci persuadiamo di essere migliori non solo di ciò che siamo, ma anche degli altri. Siamo bravi a puntare il dito, criticare, deridere. Avremmo la stessa faccia tosta di puntare il dito contro di noi, di criticarci e deriderci per la magra figura che facciamo ogni qual volta ci venga data l’opportunità di riscattarci? Una delle ultime provocazioni di Pubblicità Progresso ha sollevato un problema che ancora ci riguarda, ma che siamo capaci di attribuire solo a chi sta sull’altra sponda del Mediterraneo. Critichiamo i soprusi fisici e morali subiti dalle donne fuori dal Vecchio Continente, ma se provassimo a guardare in casa nostra capiremmo che la battaglia delle donne non è ancora finita.

 

Le pareti delle pensiline di alcune città italiane sono state tappezzate di manifesti riportanti i volti di alcune donne e dei fumetti uscenti dalle loro labbra chiuse entro i quali le frasi inscritte erano sospese a metà. Lo slogan era, infatti, relativo al fatto che le donne italiane non hanno piena libertà di espressione . A riprova di ciò ben presto le frasi spezzate “Vorrei che mio marito…”, “Dopo gli studi mi piacerebbe…”, “Quello che chiedo alle istituzioni…”  e altre sono state completate “a dovere” da commenti scurrili e maschilisti.Chiaramente il messaggio che si voleva far passare era che il problema c’è e bisogna avere il coraggio di parlarne. Anche a livello mondiale la disparità fra i due sessi non è da meno. Dalla ricerca “Global Gender Gap Report”, pubblicata annualmente a partire dal 2006 dal World Economic Forum, è emerso che dei 142 paesi presi in considerazione, nessuno raggiunge il 100% della parità fra i due sessi.

 

Quattro sono i criteri su cui si basa la raccolta di dati: economia, salute, istruzione e politica. Per entrare nel merito di ognuno dei settori, l’indagine si focalizza su salari, partecipazione e leadership, aspettative di vita, rapporto tra i sessi alla nascita, accesso ai diversi gradi d’istruzione e rappresentanza politica. Il rapporto non misura la qualità o la libertà delle donne, bensì il divario quantitativo tra uomini e donne all’interno dei quattro settori sopra citati. A livello mondiale:

  • La parità nel settore della partecipazione al mercato del lavoro e la distribuzione della ricchezza è arrivata al 60 % ;

  • La parità raggiunge i massimi livelli nel settore della salute e della sopravvivenza, ossia il 96% ;

  • Per quanto riguarda l’istruzione, uomini e donne hanno raggiunto la parità al 94% ;

  • Il divario più ampio si riscontra nel settore della partecipazione alla vita politica, infatti è stato ridotto del solo 21%.

L’Italia è al 69esimo posto . E se è un dovere parlare di disparità, lo è ancor più riflettere sulla violenza sulle donne, ma in modo inedito. Ecco due spunti alla riflessione.

Il primo episodio che riporto è quello di una coppia che litiga in ascensore. Lui sembra molto irritato, mette le mani intorno al collo della fidanzata e la scaglia contro la parete, minacciandola di malmenarla; lei, incapace di difendersi cerca un aiuto che pare non arrivare.

Se questa situazione ci venisse presentata come ipotetica , sfiderei chiunque a tirarsi indietro da rispondere che senza pensarci troppo prenderebbe le difese della ragazza.

Ciò che ha destato scalpore circa una settimana fa , però, è stato il realizzarsi di tutto ciò davanti a ben 52 persone che, arrivate al piano desiderato, o scese il prima possibile, vista la calda atmosfera venuta a crearsi all’interno dell’ascensore, non hanno riflettuto due volte sul da farsi e se ne sono andate senza muovere un dito.Solo l’ultima donna, la 53° persona salita, ha minacciato l’uomo di chiamare la polizia qualora non avesse smesso di molestare la ragazza. Uomini, anche più robusti dell’aggressore, hanno finto di guardare il cellulare o guardarsi allo specchio, hanno sorseggiato la birra in tutta tranquillità o si sono spostati in un angolo.

 

Eh già, meglio lasciare maggior spazio d’azione a chi alza le mani, piuttosto che impedirglielo… Alcuni potrebbero pensare che, per mancanza di coraggio, le persone scese abbiano provveduto a chiamare soccorsi, ma se la scena si è potuta ripetere ben più di 50 volte, è chiaro che ciò non è accaduto. Parlo di “scena” perché si è trattato di un esperimento sociale svolto da attori per l’organizzazione svedese STHLM Panda, il cui video, girato da una telecamera nascosta, ha fatto il giro del mondo. Spiazzante tanta indifferenza, allarmante pensare che situazioni reali del genere capitino ovunque e che interventi ce ne siano, ma solo a parole, da chi non ne è coinvolto direttamente.

 

Chi cerca di smuovere gli animi delle persone  però c’è ed è per questo che nascono iniziative il cui scopo è affrontare il problema cominciando a spingere le persone a parlarne. Ne è un esempio “Happy Never After” (nessun lieto fine). Questo è il titolo dell’iniziativa portata avanti dall’artista con lo pseudonimo di Saint Hoax, il cui obiettivo è quello di incoraggiare le donne vittime di abusi a denunciare la situazione in cui si trovano. Il messaggio è stato espresso mediante manifesti a grande impatto che hanno presto fatto il giro del web. Le principesse delle fiabe sono gli ideali femminili ai quali molte bambine spesso si ispirano. Le stesse bambine che poi in età adulta cercano il proprio principe azzurro e, talvolta, si illudono di averlo trovato. Ma cosa accade dopo il “per sempre felici e contenti” ( happy ever after) ? Come si evolve la storia dopo la promessa? Lo slogan davvero forte è “ Quando ha smesso di trattarti come una principessa”? E’ forte non perché usi parole taglienti, ma perché carico di rimandi all’infanzia, alle illusioni, alla favola che ciascuno, chi più chi meno, cerca di realizzare e che ancora troppo spesso finisce in frantumi.

 

Quando un uomo picchia non solo ferisce il corpo di una donna, ma anche tutti i suoi sogni, le sue speranze,  i suoi sentimenti. Lo slogan è poi accompagnato da immagini di principesse Disney riportanti lividi e ferite, segno del fatto che qualunque donna potrebbe essere vittima di abusi. Le riflessioni potrebbero continuare all’infinito, quelle qui riportate richiamano solo fatti recenti che hanno avuto grande eco, ma basterebbe limitarsi giorno per giorno a portare rispetto e non sottovalutare le donne. Non sono loro a doversi emancipare ulteriormente, ma la società e in particolare quelle persone che ancora non hanno capito che la forza delle donne non viene sminuita dagli insulti, non viene schiacciata dai lividi; altrimenti non metterebbe loro tanta paura, del resto…

                                                                                                                                                                           
​                                                                                                                                                                              Elisa

LO STUPRO VIRILE


“Se l’è cercata”, “si vestiva come una poco di buono”, “era consenziente”, “è stata lei a provocarmi”

Quando mi capita di ascoltare frasi come queste mi chiedo se siamo rimasti al Medioevo…

Oggi, spesso, sembra passare il messaggio che se una donna è stata vittima di stupro le si possa imputare parte della colpa: sicuramente sarà dipeso dal fatto che si sarà vestita o atteggiata in maniera tale da legittimare l’aggressore ad agire in quella determinata maniera. Lo trovo aberrante: siamo nel XXI secolo e ancora c’è gente che pensa che una donna non sia libera di vestirsi come vuole, che un uomo che le usa violenza abbia in un certo senso delle scusanti…

È concezione comune che l’uomo sia forte, che la sua virilità debba necessariamente manifestarsi nel suo essere insensibile, rozzo, violento.

Nonostante il più delle volte si tenda a negarlo, nella società odierna è ancora fortemente radicato il concetto di “sesso debole” in riferimento alla donna. La verità è che la donna rispetto ai secoli passati ha fatto passi da gigante nell’emancipazione, anche se molti altri bisognerebbe farne (e qui si potrebbe parlare della disparità tra i sessi in ambito lavorativo che, si dica ciò che si dica, permane ancora tra le piaghe sociali che affliggono la nostra società, ma non è questo il momento per dilungarci in questo discorso). Se però la donna si è emancipata, in alcuni uomini, invece, è rimasto l’istinto brutale di rivendicare l’unica cosa nella quale possono prevaricare sulle donne: la forza fisica. Questo genere di uomini con la “u” minuscola, che a mio parere non si potrebbero nemmeno definire tali, vedono la donna come oggetto: oggetto del piacere, strumento per esaltare il proprio sentirsi uomo. E sempre gli stessi si vantano della loro forza bruta :sembra paradossale, ma sono gli stessi uomini che così facendo si paragonano a bestioni ancestrali che ancora non sono in grado di dominare i propri istinti. Credono di vantarsi, invece danno solo conferma del loro essere infimi :non solo non sono in grado di fare uso dei propri freni inibitori, bensì  con estrema vigliaccheria violentano chi non è in grado di reagire con la forza dei muscoli. Anche se fossero in grado di reagire, però, non vi sarebbero scusanti verso lo stupro e qualsivoglia genere di violenza.

Spesso questo genere di uomini considerano la LORO DONNA come una LORO PROPRIETÀ; non chiedono, ma pretendono; non si fermano davanti a un “no”: godono colmando la propria inettitudine nella sofferenza di chi ottengono, ma solo fisicamente.

Ottenere l’anima di una donna è ben altro.

Si parla sempre di violenza fisica, ma dovremmo prendere coscienza del fatto che il primo stadio di violenza al quale sono soggette le donne è quello della “violenza verbale”. Ogni giorno, tutti i giorni si sentono frasi offensive, volgari, mortificanti riferite alle donne; questo non solo dovrebbe farci riflettere, ma dovremmo soffermarci ancor di più sul fatto di esserci abituati alla cosa , anzi, riderci sopra il più delle volte. Questo delle offese verbali è il seme della violenza dal quale si sviluppano le cosiddette “violenze domestiche”: la donna dapprima perde d’identità, si annulla, implode in se stessa dando ascolto ai discorsi maschilisti, misogini di chi vive con lei giorno per giorno e la porta a credersi meno di nulla, una nullità nel vero senso del termine; per poi trovarsi fisicamente sopraffatta dallo stesso uomo .

I fatti di cronaca spesso riportano notizie di stupri avvenuti nei vicoli, o in aree poco praticate, ma ancora più raccapriccianti, se possibile, sono quelli che avvengono tutti i giorni nel silenzio :quelli che avvengono all’interno delle mura domestiche, dei quali nessuno parla, o per paura, o per omertà.

E poi si potrebbe stare a parlare di stupri di gruppo, stupri negli ambienti lavorativi, stupri a scuola, fenomeni come il mobbing (molestie in ambito lavorativo), o lo stalking (molestie di carattere persecutorio)..insomma, il progredire nel tempo è direttamente proporzionale alla crescita esponenziale di nuovi termini coniati per le nuove modalità di violenza sulle donne …perché anche gli aggressori devono stare al passo con i tempi…

Davvero paradossale: aumentano le tecniche di autodifesa insegnate nelle palestre, cresce il numero di associazioni per la difesa delle donne…

“viviamo in una società che insegna alle donne a difendersi dallo stupro, invece di insegnare agli uomini a non stuprare le donne” (Anonimo)

…il colmo è che bisognerebbe risolvere a monte il problema rieducando l’uomo non più a fare SESSO con UNA donna ma a fare l’AMORE con LA donna,  SE E SOLO SE questa lo vuole.

Naturalmente i veri uomini non sono questi, fortunatamente di Uomini Veri ce ne sono molti, la speranza è di poter dire in futuro che ce ne saranno sempre di più. Abbattere il problema completamente sarebbe un’ utopia, è però dovere di ognuno di noi reagire, non abbassare la testa.


​                                                                                                                                                                             Elisa

STUPRO MEDIATICO

 

 

 

 

 

 

 

 

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​Qualche giorno fa mi sono imbattuta in questa immagine (non vorrei pubblicarla ma a volte è necessario l'impatto diretto), un'immagine tristemente rappresentativa di ciò che oggi susciti risate e forse celi anche un po' di verità.


Molti vorrebbero una donna senza cervello semplicemente perché non conoscono il significato di averne uno. Vignette come questa non fanno ridere, mi fanno chiedere in quale perversa società mi tocchi vivere. Stuprare una donna è sbagliato, picchiare una donna è sbagliato, ingiuriarla è sbagliato. È sbagliato, infatti, usare violenza di qualunque genere contro chiunque, non solo contro le donne.

 

Alla luce di tutto questo allora vi chiedo: considerare una donna solo per quanto ha in mezzo alle cosce cos'è? È civiltà questa? È questo l'uomo medio che si reputa superiore a culture ritenute repressive nei confronti delle donne? È libertà d'espressione? Divertimento? Cos'è esattamente?
 

Vi dico cosa sia per la sottoscritta. Io lo ritengo "stupro mediatico", quella forma di violenza sottovalutata perché si trova alla mercé di chiunque abbia accesso a un social. L'incontrollata diffusione di contenuti altamente offensivi e denigratori a cui si è talmente fatta l'abitudine da lasciare che passino inosservati. Ebbene io l'abitudine non voglio maturarla dentro di me e sono sicura di non essere l'unica a pensarla in questo modo. 


Stuprare una donna è un atto fisico, ma ci sono stupri verbali, mentali, di scherno. Gli omicidi sono quanto di più orrendo gli uomini possano compiere contro simili, eppure sono tanto in crescita quelli contro le donne in particolare da aver addirittura coniato un termine ad hoc "femminicidio" con cui etichettarli tutti. Un termine che categorizza qualcosa che è inconcepibile, razionalizza l'irrazionalizzabile. 


Non è il vocabolario a dover cambiare, ma la mentalità. La stessa mentalità contorta per cui alcuni tra i più strenui difensori dei diritti delle donne sulle tastiere siano poi gli stessi che usino battute quali "beh mandiamo a prostituire queste o quelle se servono soldi, no?" per farsi delle grasse risate. Io mi indigno di fronte a queste frasi, a questa leggerezza, provo pena per chi le trova divertenti e trovo davvero amaramente divertente, invece, che queste stesse persone facciano le illuminate paladine della giustizia al primo articolo di cronaca locale o nazionale.
Una mia piccola speranza? Che qualcuno leggendo si riconosca e si vergogni.
Ringrazio tutte le donne e gli uomini che, invece, giorno per giorno portano rispetto, sullo schermo di un pc, in casa, per strada, ovunque, perché lo si può fare solo in questo preciso modo: QUOTIDIANAMENTE. Siete la dimostrazione che la mia lotta per il cambiamento non sia mera utopia, che la lotta non sia solo mia, ma nostra.

#diritti #donne #violenza #noallaviolenzasulledonne #stupro #stopviolence @stopviolence 

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